Nessuna donna, neppure la femminista più arrabbiata, sarà felice di sapere che una caporalessa ventiquattrenne della Folgore è indagata per un episodio di nonnismo. Avrebbe preso una recluta maschio a calci nello stomaco, mentre il poveretto veniva costretto a fare le flessioni. E' disonesto assumere a metro del genere femminile una ragazza che ha scelto di fare il parà. Ma se alla «nonnina» acciacca-ossa cominciamo ad aggiungere le bulle minorenni che a scuola terrorizzano i coetanei di ambo i sessi e certi tailleur in carriera che negli uffici dettano legge in fatto di cinismo e aggressività, sul terreno dell'utopia si cominciano a contare dei cadaveri.
Il primo è l'illusione che le donne possano declinare al femminile certi ruoli storicamente riservati ai maschi. L'idea che nelle loro mani il comando si tramuti in un gesto giusto e gentile.
L'esperienza di questi anni ci dice al contrario che quando una donna ha il potere, spesso lo usa come i maschi, con in più quella smania napoleonica di rivalsa che un tempo animava soltanto i piccoli di statura.
La parità per cui si batterono generazioni di femministe non è mai diventata un'uguaglianza di possibilità, ma si è rapidamente convertita in un'uguaglianza di comportamenti. Può dipendere dal fatto che in molti settori le donne sono ancora in minoranza. Oppure dalle leggi senza sesso del potere, che sono pronte a plasmare chiunque se ne serva. Di sicuro la parità è un'altra cosa e significa essere valutate come gli uomini, continuando a comportarsi da donne.
Dal "Buongiorno" di Massimo Gramellini del 21/12/2004